5 nuovi trend della comunicazione per l'autunno 2020

Quali saranno i trend della comunicazione nell’autunno 2020?

Dalla nostra analisi (ed esperienza), i nuovi trend confermano una tendenza già in movimento negli ultimi mesi dell’anno: la nuova comunicazione è esigente e, talvolta, poco discreta. Non tollera che i brand si nascondano dietro a tende di perline e a parole abusate.
Vuole azioni, non dichiarazioni.

Siete pronti a mettervi in gioco?

1. HtoH: human to human

C’erano una volta il BtoC (Business to Consumer) e il BtoB (Business to Business) e la loro radicale divisione di intenti, strumenti, target.

Dimentichiamocela. In realtà i confini tra questi due generi di comunicazione avevano dimostrato la loro labilità da parecchio tempo, con buona pace di tutti.
Ora la separazione crolla definitivamente perché l’unica modalità ammessa di comunicazione è Human to Human (HtoH).
Immaginate una modalità di trasmissione del messaggio “One to One” ma su scala generale. Si usa il tu, si va nel concreto, ci si mette la faccia e – attenzione, attenzione – si è pronti a discutere anche le proprie fragilità e debolezze (aziendali eh!).

2. Brand Activism: le aziende si schierano

Non è più tanto una scelta: i dati dimostrano che i brand non possono chiedere il coinvolgimento della loro audience se non dimostrano di essere essi stessi coinvolti nella discussione.

E no, non è più consentito barare dichiarandosi contro l’inquinamento o a tutela della foca monaca.
Se il target deve condividere con noi valori e posizioni, pretende di conoscerle. Davvero.

Le conseguenze ci sono, e spostano lontano dal brand chi non è d’accordo con le posizioni che abbiamo scelto ma l’alternativa è l’anonimato e la perdita del consenso sia dei favorevoli che dei contrari. Il conto è matematico…

3. Storytelling: ancora e sempre

Prima nessuno ne parlava (ma c’era), poi ne hanno parlato tutti (e non sempre c’era), oggi forse si inizia a sfrondare il concetto dal suo alone da “top trend” e a utilizzarlo come si conviene, con le sue regole e la sua sacrosanta dignità.

La storia da costruire discende sempre dal posizionamento dell’azienda ma parla del cliente.

 

Non solo parole: lo storytelling non si fa solo con i contenuti.

 

La narrazione aziendale, per funzionare bene, deve coinvolgere tutti i piani della comunicazione ed essere coerente sui suoi strumenti, dal biglietto da visita, all’advertising sulla rivista, al post sui social.

4. Semantic Identity: mica ci bastava chiamarlo contenuto

Verba volant, scripta manent. Questa è vecchia ma è sempre attuale. Da quando il contenuto ha conquistato il trono del comando accanto all’immagine, ci si è resi conto che la sua diffusione ha molte implicazioni da considerare.

E così, accanto allo studio dell’identità visiva del brand, si è reso necessario analizzare e codificare anche la sua identità semantica, ossia quell’insieme di concetti, valori e parole che ne costituiscono l’originalità e che devono mantenersi coerenti sempre (pur evolvendo, certo).
Da qui derivano non solo le attività di SEO copywriting (keywords, tag e categorie online) ma anche i codici di comunicazione aziendali indirizzati verso l’interno (comunicazione interna) e verso l’esterno (comunicazione esterna).

5. Sopra a tutto: conversation and interaction

Avete presente quelli che parlano da soli?
Si fanno le domande e si danno le risposte?
Non ascoltano mai e procedono imperterriti a raccontare cose che, forse, non interessano ai loro interlocutori?

Ecco, se già prima non avevano molto successo (per ovvie ragioni), ora verranno sempre di più messi da parte a favore di chi è disposto a CONVERSARE.

 

Il racconto aziendale non è più assertivo, è interlocutorio. Si aspetta di essere smentito, confermato, contraddetto.
Vuole crescere ed arricchirsi grazie alla partecipazione della sua community interna (i collaboratori) ed esterna (il pubblico).

Si può essere messi in discussione, eppure – è dimostrato – un brand che ammette delle debolezze, offre il fianco con sincerità e dimostra di provare a migliorarsi, piace molto di più dei mostri sacri di perfezione dietro alle cui quinte è meglio non scavare.

 

Quali strumenti abbiamo per interagire e dialogare con la nostra audience?

 

Shoppable post, AR (Realtà aumentata) e VR (realtà virtuale), video a 360 gradi, contenuti interlocutori come quiz, sondaggi, survey, semplici domande.

Un consiglio: quando chiederete, dovrete essere pronti ad ascoltare le risposte e, a volte, a modificare alcune decisioni.
Ma questo non vale solo per il business e la comunicazione, no?

 

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