Agenzia creativa a Milano

Agenzia creativa a Milano

Perché a volte un grafico freelance e un cugino non bastano

 

Essere un’agenzia creativa a Milano vuol dire avere alte competenze di grafica, design, marketing internazionale, guerrilla, SEO e digital copywriting, infilarli in uno zaino da spalla e partire per un viaggio verso una destinazione ignota.

 

Perché?


Perché, fatte salve le buone regole che costituiscono la formazione NECESSARIA per chi svolge il nostro lavoro, l’elevata competitività del mondo della comunicazione aziendale, e ancora di più nel nostro territorio, ci impone di ripensare ogni giorno le nostre prospettive, spostare limiti, accendere lampadine che illuminino nuovi percorsi.

 

Grafico freelance vs agenzia creativa

 

Adoriamo i freelance, sono occhi freschi sul mondo di cui amiamo circondarci ma, quando un’azienda chiede un progetto complesso, è necessario un lavoro strutturato, con competenze diversificate, ruoli e processi da rispettare.

 

Regole e rivoluzioni: il processo creativo

 

Ordine e caos, procedure e rivoluzioni. Il processo creativo è un miscuglio di tutto questo. Molti hanno provato a descriverlo dividendolo in fasi. La verità è che, escluse alcune costanti, è davvero difficile da imbrigliare. Ma si può (almeno in parte).

 

1926: Graham Wallas e Richard Smith (uno psicologo e un educatore) scrivono un testo, “The art of thought”, che individua 5 (per alcuni 4) fasi del processo creativo.

 

1. PREPARAZIONE: è la raccolta di materiali e informazioni su cui lavorare. Questa è la prima differenza tra un creativo puro e qualcuno che, il creativo, lo fa per lavoro.

Il primo assorbe “random” informazioni e spunti, il secondo deve adottare un atteggiamento metodico e sistematico per assicurarsi di avere acquisito tutte le informazioni necessarie al progetto. In questa fase è bene che il creativo venga assistito da un pensiero strategico (creative o art director, marketing director, account).

 

2. INCUBAZIONE: è l’elaborazione mentale dei materiali acquisiti alla ricerca di un ordine che produca un nuovo senso. È il momento del disordine, il caos denso della creazione. Questa fase è dolorosa ed esaltante. Funziona meglio quando l’attenzione cosciente è sospesa: durante il sonno, sotto la doccia, durante l’attività fisica.

Funziona anche con l’uso di alcool e droghe ma la nostra policy aziendale tende a scoraggiarlo.

 

3. ILLUMINAZIONE (INSIGHT): è la lampadina che si accende. Il creativo sente un click nella testa (a volte è proprio un boom), i battiti accelerano. È il momento in cui si grida “Eureka”. È una luce improvvisa che illumina la nuova realtà che ha preso forma.

C’è emozione, soddisfazione, liberazione e stupore. Ogni volta.

 

4. FINALIZZAZIONE: l’idea grezza va sbozzata, adattata, a volte un po’ modificata.

È il “lavoro di lima” di Manzoni. Questa fase richiede l’uso intensivo del pensiero logico, che per il creativo equivale a strofinarsi sul naso delle ortiche. È il momento della delusione e dell’orgoglio. È difficile staccarsi dal proprio insight e ammettere che abbia bisogno di modifiche per adattarsi alla situazione. Solitamente qui il creativo diventa mediamente insopportabile, l’aspetto positivo è che, quando inizierà un nuovo progetto, saprà farsi perdonare.

 

 

La guerra ed i fiori

Creativi, project manager, esecutivi e pensatori strategici devono coesistere in questo processo. Ognuno di loro lotterà con e contro gli altri per compiere il suo dovere. È fisiologico perché è un bilanciamento di opposti. L’agenzia, crea un ring imbottito, li butta dentro e li ripesca al momento giusto. Non sappiamo perché, ma un team che funziona è sempre più affiatato dopo ogni scontro. Stiamo indagando.

 

Concludendo: questo è quello che avviene quando ci chiedete “proponeteci un’idea innovativa”.
Un meccanismo lungo, complesso e ogni volta emozionante, come un fiore che sboccia in mezzo alle spine.

 

Se vuoi scatenare una nuova lotta e far sbocciare un nuovo fiore, chiedici di lavorare alla tua comunicazione creativa.