STORYTELLING: raccontami una storia

A cosa serve lo storytelling

A cosa serve lo storytelling

Esplosa negli ultimi anni ma da sempre nota a chi si occupa di comunicazione persuasiva, la tecnica della “narrazione d’impresa” si basa sul semplice concetto di coinvolgere il suo target attraverso una storia.

A cosa serve lo storytelling.
Un po’ romantico, un po’ canaglia, lo storytelling usa le emozioni del target di riferimento per raggiungere gli obiettivi aziendali. 
Negli anni 50, con il boom della pubblicità, bastava usare pochi e ben scelti imperativi, impartendo comandi quasi ipnotici, per attirare l’attenzione della nostra audience:
“Fai merenda con Nutella”
La Piaggio ci piazza pure un bel punto esclamativo: “Vespizzatevi!
Oggi slogan come questi sarebbero molto meno “potenti” di come erano allora perché dovrebbero emergere tra migliaia e di migliaia di stimoli concorrenti.
E allora?

Perché lo storytelling funziona.
Qui entra in gioco la struttura della narrazione, processo di cui il nostro cervello ha BISOGNO per capire, ragionare o semplicemente per emozionarsi empaticamente.
Negli anni decine di studiosi hanno analizzato, confrontato e codificato il perché e il per-come gli esseri umani abbiano bisogno delle storie per capire il mondo e riconoscere i propri bisogni.
Semplificando (molto) diciamo che ricordiamo con più facilità ciò di cui siamo consapevoli, e ciò che rimane nella memoria consapevolmente è solitamente preceduto da qualcosa che ci ha segnato.

Da qui in poi è facile capire che la stessa storia non andrà bene per tutti, ma deve essere costruita attorno al nostro target per sollecitare i suoi bisogni e utilizzare le sue leve.

Lo storytelling ha dei rischi?
Se nel copywriting dobbiamo stiamo lontani dal pericolosissimo “cugino che se la cava a scrivere”, qui leviamogli proprio il foglio. 
Come per tutte le campagne di comunicazione il primo rischio è l’ “indifferenza”: una storia che non corrisponda al nostro audience passerà inosservata ai suoi occhi come un merlo che attraversi il cielo.

Il secondo rischio è una ricaduta negativa sulla reputazione del brand.
Un esempio? Apple, brand che da sempre utilizza lo storytelling per la sua comunicazione, con la campagna “Designed by Apple in California” ha fatto un buco nell’acqua.
Scegliendo da sempre come punto di forza il carattere “elitario” del marchio, in questo caso ha esagerato, peccando di vanità e auto indulgenza e la cosa non è piaciuta per niente agli utenti.
Questo rischio però è insito in qualsiasi tipo di comunicazione. Non c’è bisogno di ricordare lo tsunami che ha investito Melegatti dopo aver pubblicato questo post su Facebook (speriamo non sia stato il povero cugino):
 

I vantaggi dello Storytelling
Diciamolo subito: enormi. Quando lo storytelling è fatto bene non teme paragoni in termini di resa dell’investimento, di conversioni e di durata delle ricadute positive nel tempo. 
Gli utenti, coinvolti emotivamente dalla storia, DIVENTANO il brand, si identificano con esso (e naturalmente desiderano i suoi prodotti). Non solo la vendita diviene automatica, ma l’utente è naturalmente fidelizzato, con conseguente enorme risparmio di energie e investimenti per continuare a mantenerlo interessato.
Come fare storytelling
Naturalmente uno storyteller studia parecchio per fare quello che fa e ci aggiunge pure una predisposizione naturale. 
Ma qui possiamo capire a grandi linee come si fa storytelling:

  • posizionamento del brand (SWOT).
    Sappiamo già che lo storytelling è marketing: alla base della storia non c’è il gusto dello storyteller o la fantasia, ma il punto di forza dell’azienda che emergerà in contrapposizione al suo contrario, secondo un sistema di opposizioni binarie già utilizzati dai miti greci.
    Talvolta addirittura è possibile intervenire con lo storytelling per diminuire, nella percezione del target, un punto di debolezza del marchio.
  • Studio del target: ogni storia deve rispecchiare i valori in cui crede il nostro target di riferimento, che andrà quindi analizzato secondo caratteristiche di sesso, età, stato sociale, credenze, gusti, tendenze, abitudini e, cosa più importante, desideri. Solo se la storia rispecchierà queste condizioni sarà ritenuta VEROSIMILE e quindi efficace.
  • Attanti: in ogni storia che si rispetti ci sono dei compiti e dei ruoli da rispettare, pena la debolezza del messaggio.
  • Eroe: Il protagonista della storia (il nostro target
  • Tesoro: cioè che l’eroe desidera (bisogno del target
  • Nemico: Colui che ostacola l’eroe (attenzione: il nemico non è il competitor
  • Oggetti Magici: gli oggetti tramite i quali  l’eroe realizza il suo desiderio (prodotto, servizio
  • Aiutanti: persone o eventi che aiutano l’eroe (brand)
  • Struttura: ogni storia per funzionare deve prevedere un’introduzione al contesto (coerente con quello del target), a cui segue un evento traumatico o la presentazione di un problema (anche latente), quindi la sua risoluzione grazie ad aiutanti e oggetti magici. E non dimentichiamoci un trionfale lieto fine per il nostro eroe.

Esempio Ikea: 
punto forza e suo opposto: modularità contro staticità.
punto di debolezza da contrastare: prodotto effimero, debole concetto di famiglia
Target*: uomo/donna, età 25-50, economicamente medio abbiente, gusto moderno. Valori: praticità, economicità, cambiamento, indipendenza, famiglia.
Eroe: il target*
Tesoro: costruzione del nido, creazione ambiente confortevole e che lo rispecchi
Nemico: ambiente casa inospitale, vuoto, non adeguato alle esigenze ed evoluzioni
Oggetti magici: mobili IKEA
Aiutanti: IKEA
Struttura: l’eroe riesce a trasformare la sua casa da ambiente inospitale (e solitario) a confortevole creando intorno a sé, grazie ai mobili Ikea, il nido per sé e per la sua famiglia in evoluzione.
https://www.youtube.com/watch?v=jwqhb8QGy6Y
 
I canali dello storytelling
Una strategia di storytelling può essere declinata su diversi canali di comunicazione, la loro scelta dipenderà naturalmente dai budget della campagna.
L’importante è che le pubblicazioni siano coerenti e che “la storia aziendale”, pur presentando diverse forme e capitoli, rimanga fedele al suo target, contesto, valori.

Esempio Catalogo IKEA: il testo non è solo didascalico ma presenta gli oggetti inseriti nel contesto della storia, mettendone in risalto il collegamento.

Concludendo:
Lo STORYTELLING sposta definitivamente l’attenzione dal prodotto al target.
Al centro di tutto c’è il destinatario e noi (brand) ci mettiamo al suo servizio per aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi.
Il prodotto/servizio non fa da sfondo ma da tramite tra il nostro audience e alla realizzazione del suo desiderio.
 Conoscete qualcosa di più meraviglioso di un desiderio?
Siccome poi desiderare provoca dipendenza (piacevole eh), i nostri utenti vorranno farlo in maniera seriale… e noi glielo permettiamo con la NEWSLETTER